La Fed ha tagliato i tassi di interesse, durante una riunione di emergenza, rispondendo in modo aggressivo alla crescente minaccia che il coronavirus rappresenta per l’economia ed i mercati finanziari: la Banca Centrale ha comunicato di avere ridotto i tassi di interesse nell’intervallo compreso tra 1% ed 1,25%.
La Fed ha dovuto agire in risposta al crollo dei dati economici del primo trimestre, ma allo stesso tempo non può uscire dal mercato dei Repo (Repurchase Agreement Operation = strumenti del mercato monetario che vengono utilizzati dagli operatori finanziari per impiegare od ottenere liquidità) altrimenti i tassi a breve termine salirebbero bruscamente.
La Fed ha ridotto i tassi di interesse in un momento in cui il credit-risk sta aumentando, come conseguenza della “mancanza di fiducia” verso i debitori e della possibilità che gli Stati subiranno un forte calo delle entrate fiscali: la Fed dovrà diventare il market-maker (come ha già iniziato a fare) permanente del mercato Repo, per mantenere i tassi a breve termine ai livelli attuali.
Questo, oltre a rappresentare un paradosso (perché in questo contesto la Fed dovrebbe alzare i tassi), delinea uno scenario preoccupante, nel quale anche la BCE e la BOJ sono intrappolate nelle rispettive politiche monetarie di tassi di interesse negativi, che non hanno affatto prodotto i risultati sperati.
Questa situazione rappresenta un motivo di grande instabilità per i mercati azionari, che in parte stanno utilizzando il pretesto del coronavirus per prezzare questo contesto.
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