Tutte le aziende italiane stanno cercando di arginare i problemi causati prima dal lockdown e poi dalle sanzioni alla Russia, ma purtroppo ci sono altri problemi che dovranno fronteggiare.
Shanghai è stata bloccata completamente alla fine di marzo, in base alla politica di tolleranza zero COVID della Cina e quando i casi sarebbero aumentati, la Cina ha esteso il blocco a tempo indeterminato: Shanghai ospita il porto per container più trafficato del mondo e la sua incapacità di operare sta contribuendo in modo profondo alla crisi della catena di approvvigionamento.
Un membro della Camera di commercio dell’UE, ha stimato che il volume sia diminuito del 40% durante la prima settimana in cui è stato vietata l’attività del porto ed inoltre non c’è una data prestabilita per quando la situazione possa normalizzarsi.(https://www.channelnewsasia.com/business/shanghai-lockdown-snarls-worlds-busiest-port-and-china-supply-chains-2615966).
Si stima che il blocco attualmente imposto, abbia chiuso nelle loro case 25 milioni di cinesi allarmanti, ma le implicazioni della chiusura del più grande porto marittimo del mondo in una crisi di approvvigionamento provocheranno scosse di assestamento in tutta l’economia globale, tra cui anche le nostre aziende.
Per capire quanto sia cruciale il porto di Shanghai per il flusso globale di merci, basti pensare che il porto ospita oltre il quadruplo del volume del porto di Los Angeles (uno dei più grandi porti marittimi d’America): una delle più grandi compagnie di container internazionali, Maersk, ha affermato che la chiusura di Shanghai ha causato un aumento del 30% dei soli costi di trasporto.(https://edition.cnn.com/2022/04/01/business/shanghai-covid-port-delays-global-impact-intl-hnk/index.html).
Alcune aziende utilizzano il sistema “a circuito chiuso”, in base al quale i dipendenti non sono praticamente in grado di lasciare il proprio posto di lavoro, ma nonostante queste misure, il porto non può operare con le attuali restrizioni, poiché non ci sono abbastanza lavoratori disponibili: a causa dell’attuale lockdown, 1 container su 5 è bloccato, ovvero il 20% delle merci esportate non arriva, perchè rimane fermo dopo che l’hanno ordinata.
Secondo la società di analisi delle spedizioni Windward, il 20% delle circa 9.000 navi portacontainer attive nel mondo si trovano attualmente in ingorghi fuori dai porti congestionati: quasi il 30% di questo arretrato da solo si trova in Cina, il doppio del tasso di congestione interna a febbraio (https://fortune.com/2022/04/21/china-covid-lockdown-shanghai-port-supply-chain-backlog-container-ships/).
Windward afferma che i blocchi in Cina, iniziati a metà marzo, hanno quasi raddoppiato il numero di navi portacontainer che si aggirano al largo delle coste del paese: al 19 aprile, Windward ha registrato 506 navi in attesa di spazio per l’ormeggio ai moli cinesi, in aumento del +195% rispetto alle 260 fermate al largo, a febbraio (prima dell’inizio del blocco, la congestione nei porti cinesi rappresentava solo il 14,8% dell’arretrato globale di container, rispetto a circa un terzo di ora, afferma Windward).
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