Incertezza, paura del futuro e mancanza di fiducia verso forme di investimento migliori: sono queste alcune delle motivazioni che da sempre spingono gli italiani ad accantonare i loro risparmi in conti correnti considerati erroneamente delle forme “sicure di risparmio”.
La pandemia e la conseguente crisi finanziaria non hanno fatto che acuire questo fenomeno, tanto che, secondo la Deposit Solutions, ad aprile 2020 il volume dei conti italiani ha toccato il record di 790 miliardi di euro, aumentando del 37.5% rispetto al 2015.
Il dato allarmante, però, è che il 68% di tali conti è senza interessi, il che significa che i correntisti, senza accorgersene, perdono potere d’acquisto anno dopo anno.
Questo fenomeno non riguarda solo l’Italia ma tutta l’Europa tanto che dal 2015 al 2020 il denaro in giacenza sui conti europei è passato dal 39% al 50%.
Ma bloccare per paura il proprio denaro non è mai una buona strategia, soprattutto se diventa l’unica modalità di gestione del capitale.
Numeri alla mano, infatti, i conti correnti anziché essere un modo per proteggere i propri risparmi finiscono per erodere il tuo denaro senza che tu te ne accorga.
La responsabilità è di tre fattori che la maggior parte dei correntisti ignora.
Il primo è rappresentato dai costi connessi ai conti che includono le imposte fisse, i canoni annui e i costi delle singole operazioni. Nel periodo gennaio 2019-2020, tali costi sono aumentati sia in riferimento alla tipologia di clienti, che alle operazioni effettuate. Il canone annuo, ad esempio, è cresciuto del 26% nel caso delle banche tradizionali e del 187% per quelle online.
A livello europeo, la prima causa dell’aumento dei costi è determinata dai tassi negativi: Bruxelles, infatti, tende a favorire la circolazione del denaro, con una politica che però penalizza le spese gravanti sulle Banche e di riflesso sui correntisti. La Germania, ad esempio, ha introdotto la tassa sui conti correnti, mentre in Italia vige l’imposta di bollo.
Altro costo occulto è l’inflazione, che si riflette anche nell’aumento dei prezzi.
La combinazione di inflazione e tassi di interesse negativi determina una diminuzione del potere di acquisto della liquidità nel tempo.
Infine, c’è un terzo fattore nascosto che induce le persone a non valorizzare la propria liquidità ed è la “paura”, intesa sia come timore di avere bisogno imprevisto di denaro, sia come paura di perdere i propri risparmi.
Sicuramente i default delle Banche Venete, Etruria etc., hanno aumentato questo timore soprattutto dopo che la disciplina delle crisi bancarie- riformata nel 2015- ha introdotto il “bail in”.
Tuttavia oggi sono disponibili diversi strumenti finanziari che consentono di tutelare il proprio denaro senza rinunciare ad investirlo. I mercati finanziari, infatti, se affrontati con la giusta preparazione, possono offrire opportunità interessanti anche in periodi di volatilità, arginando i rischi legati all’inflazione e creando una fonte aggiuntiva di reddito. La cosa fondamentale è farlo in modo oculato, evitando il “fai da te” e affidandoti a professionisti in grado di offrirti soluzioni “blindate al 100%”.
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